venerdì 1 novembre 2013

VELEMIR DUGINA, ricerca di tracce, esce in germania un libro sul musicista triestino morto nell'87

A gennaio saranno ventisette anni che Velemir Dugina non c’è più. Non avesse deciso di dire basta, quel tristissimo 16 gennaio 1987, oggi il violinista triestino sarebbe un uomo di cinquantacinque anni. Chissà la sua arte, la sua creatività, la sua sensibilità dove lo avrebbero portato. È passato tanto tempo, chi ha conosciuto e apprezzato Velemir non dimentica quel ragazzo dai capelli rossi che seppe animare la scena musicale triestina - con diverse incursioni in quella nazionale - per un periodo troppo breve. La cosa che può sembrare incredibile è che in Germania è appena uscito un libro su di lui: “Velemir Dugina - Eine spurensuche, Una ricerca di tracce”, del docente universitario e musicologo di Dresda Mathias Bäumel. Il volume, in tedesco con traduzione in italiano, è stato recentemente presentato a Dresda, nell’ambito di una serata dedicata a Trieste, con un intervento storico sulla città e l’esecuzione di alcune musiche di Velemir. «Tre anni fa - ricorda Joanne Dugina, sorella minore del musicista - Bäumel mi aveva contattato, parlandomi della sua intenzione di scrivere questo libro e chiedendomi delle informazioni. Lui conosce bene Trieste, Cherso, le nostre terre. Credo sia arrivato a mio fratello attraverso la lettura di “Microcosmi” di Claudio Magris, nel quale è citato il luogo dove Velemir è sepolto, nell’isola di Cherso. Per un periodo non ho saputo nulla, credevo avesse rinunciato, e invece...». Il libro parte proprio da quella tomba, nel villaggio di Stivan (San Giovanni). Da quella “strana scritta sotto la foto invecchiata: Velemir Dugina, Prof. Violino, nato il 1 luglio 1958, morto il 16 gennaio 1987”. Poi la storia del musicista, nato a Melbourne, dove la famiglia era emigrata da Fiume. Il ritorno nel ’59 nel porto allora jugoslavo, l’arrivo a Trieste nel ’68. Lo studio del violino, il conservatorio ma anche la musica popolare, il diploma nell’84 al Tartini, il lavoro nell’orchestra del Verdi ma anche dell’Arena di Verona. E intanto tante collaborazioni, dischi, concerti, a Trieste e in giro per l’Italia: i Giorni Cantati e il gruppo Stu Ledi, i fiorentini Whisky Trail e l’Ensemble Havadià di un Moni Ovadia non ancora famoso (con il triestino Alfredo Lacosegliaz, che con Velemir aveva già collaborato), persino Eugenio Bennato e i Litfiba... Bäumel ricostruisce la sua storia, intervistando amici, docenti, la sorella. Che dice: «Ha fatto un lavoro notevole, rispettoso della realtà. Credo che l’interesse musicale sia stata la molla che lo ha mosso...». Ma la “ricerca di tracce” non finisce qui. E arriva ancora dalla Germania. Magrit Dittmann Soldicic è una tedesca di Amburgo, che ha una casa a Cherso, dove vive vari mesi all’anno. Anche lei scopre la tomba di Velemir, rimane colpita dalla storia, fa una sua ricerca intervistando persone che conoscevano l’artista. E scatta delle fotografie a lui in qualche modo ispirate. Vuole farne una mostra, ha contattato il Comune di Trieste per avere una sala, probabilmente la cosa verrà realizzata l’anno prossimo. Anche lei mossa da un desiderio, quasi un’urgenza. Per non dimenticare Velemir Dugina, quel ragazzo col violino scappato via troppo presto.

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